Domande e risposte
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 Questa è una risposta alla lettera di massimo, che tra l'altro diceva:

In ultimo volevo fare una domanda a Laura: ho spesso notato dei grossi successi terapeutici omeopatici con il classico rimedio unico, molto individualizzato certo, ma sempre di un unico rimedio si tratta,e per giunta con una sola o pochissime somministrazioni dello stesso.

A questo punto mi chiedo perché c'è oggi la tendenza ad usare rimedi complessi ?
Sono veramente necessari o è solo più facile fare la prescrizione?

Caro Massimo

 Il problema che poni sull’omeopatia unicista è veramente interessante, e coinvolge molti aspetti, che vanno dalla teoria alla pratica dell’omeopatia, e fino ad arrivare a coinvolgere problemi commerciali.

In attesa di affrontare il tema “omeopatia” (arriveranno degli articoli), dobbiamo limitarci a considerazioni di tipo generale. Per facilitare la comprensione diciamo solo che in omeopatia a volte è possibile capire in profondità le caratteristiche di una persona, sia quelle di “terreno” (profondamente radicate) che quelle del momento, e ripristinare l’equilibrio e la salute con un solo rimedio omeopatico.

Questa è una possibilità reale, ed è ovviamente molto attraente, ma va inserita in un contesto più ampio, su cui facciamo alcune considerazioni.

La prima, che anche tu metti in evidenza, è che soprattutto quando si parla di salute le cose sono sempre molto sfumate, quindi non esistono soluzioni universali: il rimedio unico, a volte rappresenta la strada giusta, ed a volte no.

La vera comprensione della “struttura omeopatica”, che vedremo nei prossimi articoli è una cosa molto, molto sottile e in genere non è possibile con un solo colloquio, e richiede un certo numero di tentativi e messe a punto.

In effetti anche il rimedio unico è un percorso, e si passa da un rimedio all’altro in una evoluzione della persona.

Questa importante tecnica ha anche uno svantaggio di tipo pratico, legato ai limiti della natura umana. Purtroppo a volte entra in gioco l’idea che lavorare solo col rimedio unico sia un segno di bravura eccezionale, subentra l’ego (la presunzione), ed invece di acquisire la ricettività estrema richiesta in omeopatia ci si contenta dei segni più evidenti, con un atteggiamento che soddisfa il profano ma è ben lontani dallo spirito dell’omeopatia.

Nella nostra visione, che parte sempre dal rispetto di tutte le strade terapeutiche, ci sembra in genere più producente l’approccio di utilizzare ogni volta la cosa che meglio si adatta alla relazione tra chi ha bisogno di aiuto e chi cerca di darglielo, magari partendo dai rimedi complessi per arrivare all’unico.

Ci sembra invece molto poco credibile che se si assume un rimedio omeopatico, il quadro si modifica in modo tale che un unicista perde la bussola. Considerati gli antibiotici che assumiamo quotidianamente negli alimenti, i pesticidi, le cure sintomatiche cui ci sottoponiamo, molti ritengono che si possa inserire nel quadro anche il rimedio precedente.

L’approccio che preferiamo è piuttosto quello delle medicine naturali integrate, di cui parleremo in un prossimo articolo, che tiene conto di molti aspetti e varie metodologie complementari.

Ad esempio in una situazione come la nostra è difficile non tenere conto anche dell’alimentazione, o non dare importanza alla necessità di drenare (disintossicare) organi e tessuti.

L’omeopatia ha avuto anche delle evoluzioni positive, che sono utili in molti casi, e ci sono varie branche, tra cui l’omotossicologia e l’immuno-omeopatia che si allontanano molto dall’unicismo ma sono utilissime.

Sul piano dei costi il discorso è soprattutto di tipo economico sociale, delle difficoltà che incontra l’informazione sulle medicine complementari, della disinformazione.

E andrebbe anche considerato quanto un percorso terapeutico che non genera peggioramenti a lungo termine, (v. l’articolo da cui hai preso spunto) anche come spesa di farmaci è più conveniente.

Qualcuno ha il sospetto che questo sia proprio uno dei motivi per cui ci sono tanti ostacoli alla diffusione delle medicine complementari, che sono nate proprio come medicine “povere” (sarebbe interessante parlarne).

Ma sempre sui costi un’ultima osservazione: una delle medicine più efficaci, e ampliamente dimostrata tale da un’imponente mole di ricerche scientifiche, è la meditazione, che una volta imparata non costa nulla. Neanche il tempo per praticarla, perché l’aumento di efficienza che porta ce lo fa riguadagnare largamente.

Si torna sempre al fatto che per ognuno, in base alla sua situazione (che comprende cultura e mentalità), all’ambiente in cui vive e alla persona cui si rivolge, c’è una strada diversa.

Un’ultima osservazione: il rimedio unico va dato insegnando al paziente ad analizzare molto bene i sintomi importanti, e va corretto spesso nelle diluizioni.

È pericoloso: un grande omeopata raccontava di un caso in cui ha “guarito” rapidamente una tubercolosi, ma ha generato, dopo qualche mese, una malattia psichica ben più grave. Perché, proprio come dicevamo nell'articolo precedente, aveva fatto una soppressione del sintomo, pur con le migliori intenzioni.

Ci vuole grandezza a riconoscere il fenomeno, e grande onestà ad ammetterlo pubblicamente. Questo è un omeopata (che fa anche unicismo) di cui mi fido.